Relazione di Filippo Masina
Videoconferenza n. 48 / 30 maggio 2025
ABSTRACT
Nella prima metà del Novecento, in tutta Europa le associazioni combattentistiche hanno avuto un ruolo sociale e politico non irrilevante. I due conflitti mondiali, insieme a numerose altre guerre tutte “di massa”, fecero sentire ai milioni di veterani la necessità di creare delle associazioni in grado di soddisfare principalmente due esigenze: il mantenimento della “società di guerra” in tempo di pace; la tutela degli interessi materiali degli ex combattenti, in termini di lavoro, pensioni di guerra, istruzione e altri benefici. In tutto il mondo occidentale, dunque, già durante il primo conflitto mondiale nacquero numerose piccole associazioni, spesso su base cittadina, poi in genere nel dopoguerra riunitesi in grandi sodalizi con centinaia di migliaia – talvolta milioni – di iscritti. In genere, i governi tentavano di controllare lo sviluppo e le politiche di queste associazioni, da un lato temendone il potenziale sovversivo, dall’altro intendendo capitalizzarne quello elettorale, neppure trascurandone il prestigio sociale (persino, diremmo, emotivo) derivante dall’essere composte dagli eroici veterani del 1914-18.
Benché quasi tutte formalmente “apolitiche”, tutte le associazioni produssero in realtà istanze prettamente politiche, che – nel caso italiano – furono rapidamente canalizzate e compresse dal fascismo. Il catastrofico esito delle guerre fasciste 1940-43 rappresentò, inevitabilmente, uno spartiacque. Le vecchie associazioni, per sopravvivere, dovevano lasciarsi alle spalle le nostalgie (e il personale) del tempo del fascismo; le nuove dovevano dimostrarsi intonate ai valori dell’Italia democratica. Il ceto politico democratico, d’altro canto, non intendeva lasciare che eventuali istanze revansciste presenti nell’universo combattentistico potessero compromettere il consolidamento della Repubblica. Inoltre, le esigenze materiali dei reduci dovevano essere soddisfatte nei limiti del possibile, evitando che potessero degenerare in aperte contestazioni. Questo nel contesto della rigida contrapposizione politica del tempo della Guerra fredda.
Le associazioni (ora libere di proliferare e moltiplicarsi, diversamente dai tempi del regime fascista) sono state anche agenzie di produzione della memoria del conflitto che si era appena concluso. La disapprovazione dell’avventurismo fascista era di solito molto netta, mentre più difficile sembrava condannare gli obiettivi del regime, cui si imputavano, insomma, soprattutto corruzione, inefficienza e impreparazione, più che le politiche di espansione imperialistica. Ciò non tanto in conseguenza di nostalgie per il regime (pur presenti in alcuni casi), quanto della volontà – e forse necessità – di distinguere tra i combattenti e il fascismo, i primi vittime in fondo innocenti della spregiudicatezza del secondo. Insomma l’onore dei veterani andava salvaguardato, anche se le guerre fasciste erano indifendibili. Le associazioni combattentistiche del dopoguerra hanno prodotto una memoria articolata e complessa, persino contraddittoria, che in fin dei conti riflette molte delle aporie della memoria pubblica italiana al tempo della Repubblica.
CURRICULUM VITAE
Filippo Masina ha conseguito un dottorato di ricerca in storia contemporanea nel 2015 presso l’Università di Roma Tor Vergata. È stato in passato borsista presso l’Associazione nazionale partigiani d’Italia, collaboratore a contratto presso l’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’Età contemporanea, collaboratore a contratto presso l’Università telematica Pegaso e borsista presso l’Associazione nazionale alpini e Centro interuniversitario di studi e ricerche storico-militari. Fra il 2021 e il 2025 è stato assegnista di ricerca presso l’Università degli studi di Siena su due diversi progetti concernenti rispettivamente la storia delle vittime civili di guerra in Italia nel secondo conflitto mondiale e i confini della Guerra fredda nel periodo della distensione. Fra i suoi temi di ricerca figurano la Prima e la Seconda guerra mondiale, la memoria di guerra, la public history, gli studi di genere, l’obiezione di coscienza, la Resistenza in Toscana, la prigionia di guerra, l’internamento militare, l’associazionismo combattentistico, le pensioni di guerra e la storia delle truppe alpine. Segnaliamo qui solo alcune delle sue pubblicazioni:
(2016) La riconoscenza della nazione. I reduci italiani fra associazioni e politica (1945-1970), Le Monnier, Firenze.
(2024) Gli alpini, la campagna di Russia, la memoria, in «Memoria e Ricerca», anno XXXII, n. 76, pp. 305-326.
(2025) Alpini ribelli. Studi sulle penne nere nella Resistenza (1943-1945), assieme a Rolando Anni, Stefano Contini e Alberto Leoni, Mursia, Milano.
(2025) L’infanzia vittima di guerra in Italia dopo il 1945. Esperienze, cura, rieducazione, Viella, Roma.
Cronologia minutaggio della videoconferenza
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00:53 – Raffaello Pannacci presenta l’ospite della serata Filippo Masina e introduce la sua videoconferenza, intitolata «Salvare l’onore, condannare la guerra. Reducismo, politiche e memorie nelle associazioni combattentistiche del secondo dopoguerra».
03:40 – Filippo Masina prende la parola e fa un quadro generale del fenomeno del reducismo e del relativo associazionismo in Italia dal Risorgimento in avanti.
07:14 – Gli scopi fondamentali delle grandi associazioni combattentistiche italiane: 1). memoria dei caduti; 2). prosecuzione in pace della «società del tempo di guerra»; 3). attività «sindacale» (pensioni di guerra e lavoro); 4). rinnovamento/ricostruzione della società di appartenenza per motivi etici.
09:24 – Differenze fra reducismo del primo e del secondo dopoguerra.
22:24 – L’Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra (Anmig) e l’Associazione nazionale combattenti (Anc) dal fascismo al secondo dopoguerra.
32:54 – Il reduce come «incompreso» e la questione della memoria della guerra.
39:46 – Funzionamento delle associazioni combattentistiche e dinamiche socio-politiche al loro interno.
52:49 – Le associazioni reducistiche e il sistema politico italiano nel secondo dopoguerra.
1:06:38 – Luca Prosperi prende la parola per ringraziare il relatore e per dare il via agli interventi da parte del pubblico presente.
1:07:01 – Primo intervento.
1:14:57 – Secondo intervento.
1:32:47 – Terzo intervento.
1:42:58 – Quarto intervento.
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